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...La Storia della Fiat 126...

...La Storia della Fiat 126...

La Fiat 126 è, incontestabilmente, uno dei pochi esempi di vettura degli anni '70 ancora oggi usati quotidianamente. Non ha mai conquistato il cuore con le sue linee squadrate da scatoletta di alici marinate, non è (ancora) diventata “retrò”, per lei i giapponesi non sono disposti a spendere 20 milioni delle vecchie lire per un esemplare perfettamente restaurato, come accade invece per la leggendaria 500. Ma, a dispetto di ogni pronostico, è sopravvissuta alle mode e, soprattutto, alle campagne di rottamazione che hanno ormai rimpiazzato le sue "sorelle maggiori", come la 127 e la Uno ad esempio, con moderne "compatte" (perchè di “utilitarie” non è proprio più il caso di parlare) superaccessoriate, dotate di aria condizionata e rifinite fino all’estremo limite. Auto che però, spesso, alla resa dei conti, cedono amaramente il passo alla piccola scatoletta torinese quando si trova un buco dove parcheggiare...

La Fiat 126 nasce nel 1972 come sostituta della 500 R, con identico motore bicilindrico posteriore raffreddato ad aria, ma aumentato nella cilindrata a 600 e poi a 650 cc; il look era anni ’70 che più anni ’70 non si poteva, con linee squadrate dettate più dall’estremo razionalismo dell’epoca che non dall’armonia del “tondo” che aveva ispirato invece la 500 quindici anni prima. Priva di qualsiasi appeal, era funzionalità pura e basta: la carrozzeria era sicuramente più brutta della 500, ma permetteva di avere un abitacolo decisamente più spazioso, a parità di dimensioni esterne. Funzionalità pura, abbiamo detto: ottima auto, quindi, per impiegati, operai o massaie con prole, impegnate a pagare il mutuo della casa piuttosto che a sfoggiare cerchi in lega e accessoristica di genere. Ergo, non era troppo adatta come seconda auto “chic” per signore “bene”: per quelle c’erano altri modelli come le Innocenti Mini o l’Autobianchi A112. Un'auto fatta non per dimostrare qualcosa alla società, ma per spostarsi, lavorare, andare ad un concerto per la prima volta, bere, fumare e fare l'amore (magari un tantino scomodamente...), insomma, un'auto terribilmente vicina alla vita vera!

Non a caso, viste le sue doti di estrema essenzialità ed economicità, la 126 fu prodotta a partire dal 1975 in Polonia, dalla consociata FSM. Lì motorizzò milioni di polacchi che fino ad allora non avevano mai avuto un’auto in vita loro, e che la soprannominarono affettuosamente “Maluch” (“piccola”). Sempre in Polonia, nel 1987 (a quell’epoca la produzione in Italia era già finita da un bel pezzo, ma la produzione polacca veniva ancora importata), la 126 venne profondamente modificata: motore aumentato a 700 cc, dotato di raffreddamento a liquido, e, udite udite, portellone posteriore, come sulle più giovani Panda e Uno!
Nei primi anni ’90 la piccola vetturetta torinese fu sostituita in Italia dalla “Cinquecento”, che, come la successiva “Seicento”, portava poco degnamente dell'antenata anni '60 (persino i polacchi avevano realizzato nel 1983, in alternativa al progetto torinese della futura nuova “Cinquecento”, un’auto decisamente più innovativa, straordinariamente simile alla Renault Twingo e battezzata “Beskid”, poi finita in naftalina per evidenti motivi di superbia da parte degli ingegneri Fiat). La 126 continuava però ad essere venduta in Polonia, e nel 1997 ritornò addirittura all’antico motore raffreddato ad aria (catalizzato e con iniezione elettronica!!), con il caro, vecchio cofano incernierato in basso. Nel settembre 2000, infine, anche le linee di produzione nella città polacca di Bielsko Biala vengono fermate, e la 126 passa alla storia.

Per anni, insomma, la 126 ha fatto il suo onesto mestiere di umile travet popolare metropolitana, lontana dai trionfi d’immagine e dalle mode, e, forse proprio per questo, sempre presente nella vita degli italiani. Quasi sempre un pò ammaccata, a differenza delle 500 che già verso l'inizio degli anni '90 iniziavano ad essere rivalutate e restaurate, ha sempre trasportato sulla panchetta posteriore il suo carico di borse della spesa e di ragazzini da portare a scuola, guidata da signore occhialute che guidavano a velocità letargiche, non sempre consce del fatto che, seppur lenta, la piccola torinese a 100 all’ora ci arrivava comunque! E -basta girare per le strade per prenderne atto- la gente tende, se non proprio a restaurarla, a tenerla anziché mandarla alle presse. Di questi tempi, non è poco. Il motivo? Ancora oggi risulta impareggiabile in città: si parcheggia in un fazzoletto, e può portare quattro persone, alla faccia della ben più pretenziosa Smart, che ti costringe a lasciare a piedi gli amici in caso di necessità.

Ad ogni modo, pur non essendo diventata un oggettino retrò come la 500, è una di quelle auto -come la stessa 500 del resto, e, perché no, come la Panda che ancora oggi tramandano quel gusto di spartana utilitaria “nazional-popolare”, magari deprecato all’epoca come piccolo-borghese e fantozziano, ma che oggi, di fronte alla massificazione dei gusti in chiave individualistica ed edonistica, assume quasi il sapore di cose semplici e popolari, come un succulento pezzo di focaccia fresca di panificio o una bella Peroni gelata invece dell’insalata macrobiotica e del succo di frutta all’aspartame...

Insomma, sono sicuro che quella che sinora è stata la "sorella brutta" della 500 avrà, prima o poi, la sua piccola fetta di gloria. Già nella mia città si vede circolare da qualche tempo una luccicante 126 celeste metallizzata con i paraurti cromati, non proprio in allestimento originale quindi, ma davvero graziosa. Un segno dell'affetto del suo proprietario. Non dimentichiamo che la carriera della 126 è durata 27 anni, quasi il doppio della ben più famosa 500.

Autore Articolo : Michele Cuocio

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